Confusione sessuale

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SONY DSCSi ritrovavano sempre lì nelle ore più calde della giornata, sul secondo filo della quarta pianta del decimo filare, all’ombra delle foglie più grandi, per fare due chiacchiere prima di cominciare i loro voli alla ricerca di un fiore o un acino dove ovideporre per far crescere le loro larve.

Quell’anno però le cose non stavano andando per il verso giusto e tra le signore della tignoletta (o Lobesia botrana – nonostante loro preferissero chiamarsi per nome, Tina, Titti, Lobby, Tilly) c’era preoccupazione.

Il Consorzio di difesa dei vignaioli della regione aveva aderito al piano per applicare la lotta agli insetti dannosi con l’uso della confusione sessuale: niente più insetticidi ma centinaia di minuscoli diffusori attaccati ai fili del vigneto in punti strategici che, erogando nuvole di ferormone impedivano i voli nuziali e l’incontro tra i maschi e le femmine.

Niente insetticidi e niente danni al grappolo: non ci sarebbero state discussioni con i comitati spontanei preoccupati per la salute dell’ambiente e della popolazione, e il prodotto sarebbe stato comunque salvato. Tutti avevano aderito fiduciosi. Tutti meno uno, Egisto Baresotti, che a rinunciare al potere risolutore dello Spinosad e del Metossifenozide non ci pensava proprio, che amava il rumore della barra irroratrice e anche l’odore acre dell’insetticida e che dei comitati spontanei e anche delle api non gli poteva importare di meno: lui aveva sempre fatto così e non erano le mamme della scuola elementare che dovevano insegnargli a fare l’agricoltore.

Le cose dal punto di vista delle signore del secondo filo invece non erano per niente chiare e proprio quel giorno avrebbero organizzato anche loro dei comitati.

Non sono proprio più loro avete visto come ci guardano? Sono confusi, disorientati.

Come non ci guardano vorrai dire, ormai hanno occhi solo per loro, quelle nuove, che poi diciamocelo sono tutte finte, plastica e basta”.

Che mica ci fanno niente poi, quelle si improfumano e loro annusano l’aria e volano, volano a casaccio, imbambolati, senza trovarle mai.”

E senza trovare noi soprattutto, ieri gli ho volato davanti per un’ora ondeggiando, agitando le ali e emanando il mio ferormone (con discrezione però che non sono mica una di quelle, ho il mio stile, il mio charme). E lui? Niente, io volavo a destra e lui a sinistra, ubriaco sembrava”.

Ah ma io non sto mica qui ad aspettare che si sveglino sai? Se i nostri maschi preferiscono quegli steccolini sintetici ci sarà dove volare per trovare dei maschi veri. Io sono giovane, voglio realizzarmi, ovideporre, avere delle larve mie. E il tempo stringe.

Ragazze, organizziamoci, mi hanno parlato di un vigneto di là del poggio dove le nuove non ci sono. Stasera io parto, chi viene con me?”

Quel pomeriggio si divisero, le giovani decisero di andare, le vecchie di prima generazione invece restarono, stanche e scoraggiate.

E c’era davvero il vigneto di là dal poggio, pieno di maschi giovani e vivaci, pronti a seguire le loro tracce e ad accoppiarsi con loro. Con loro e con le altre femmine che, organizzate in comitati spontanei erano arrivate da tutto il circondario.

I sette giorni che seguirono furono pazzi e meravigliosi, la chiamarono la Woodstock della tignoletta.

Poi quando all’alba dell’ottavo giorno Egisto Baresotti, che aveva osservato un incremento anomalo di insetti, preparò l’irroratore e filare dopo filare passò con il suo trattore, la festa finì.

R.I.P.

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