1886 – una discussione alla Camera sulle pratiche enologiche

spinolaCorre l’anno 1886 e il Marchese Giacomo Ugo Spinola pubblica un opuscoletto di 70 pagine, il “Vademecum del Fabbricatore del Vino” che dedica al cugino, Duca di Sora con questa introduzione:

Carissimo amico, è qualche tempo che mi vado occupando di enologia e tu più d’ogni altro sai bene che la mia principale lettura sono i giornali vinicoli, le opere che trattano del vino, e i riassunti delle conferenze enologiche” (e qui urge il disclaimer: tra me e il Marchese Giacomo Ugo non corre nessun legame di parentela nonostante alcune affinità o manie con la mia persona e urge anche che sappiate che leggendo e disquisendo sulla sua opera mi è naturale assilmilarne il linguaggio nonchè l’eloquenza, vogliate quindi, gentili lettori, scusarmene). “Sicchè spero non riderai alle mie spalle, e non mi darai del saputello, se ancor io voglio dire la mia opinione in questo volumetto su molte questioni che si agitano fra tanti enologi (è tutto vero non stiamo parlando della sottoscritta ma di Giacomo Ugo). Molti è vero ne hanno scritto opere più o meno voluminose, ma nessuno, che io mi sappia, trattò la cosa in modo veramente pratico, come cerco di fare io nella presente. Se vi sono riuscito lo dirai tu, che con successo ti sei dato alla confezione dei vini e a migliorare i metodi comunemente in uso nella provicia dell’Umbria. Intanto gradiscila come è, e in omagio alla nostra amicizia soffri in pace le poche ore di noia che la lettura della medesima sarà per arrecarti. Credimi sempre, tuo affezionatssimo amico e cugino, Giacomo

Ecco un castigo, praticamente Giacomo Ugo scrive un libro per fare dispetto a suo cugino.

Di molte cose interessanti tratta il Marchese Spinola nel suo trattatello dato alle stampe a Bologna dalla Tipografia Mareggiani, come già ho avuto modo di dirvi nel 1886. Di come si scelga il periodo più adatto per la vendemmia, di come disporre la cantina (lungi dalle strade maestre, dalle latrine e dalle concimaie), di come pulire le botti (se necessario ricorrendo a una soluzione di acido solforico e acqua), di come pressare le uve con il Torchio della Ditta Alessandro Calzoni o Cicognani in Roma (sig, la marchetta travalica la nobiltà). E poi della fermentazione, del dubbio sul fare follature o fermentare a cappello sommerso, i travasi, l’arricchimento, le chiarifiche con la chiara d’uovo o la colla di pesce e le filtrazioni con il filtro olandese e anche dell’alcolizzazione, del riscaldamento del vino o dell’uso del congelamento e dell’elettricità.

Ma la parte più interessante, che il caro Giacomo Ugo piazza al centro del suo opuscoletto, tra i trattamenti fisici e la correzione dei difetti è quella della quale mi occorre qui e oggi riportare il testo integralmente, invitandovi di dimenticare i tempi nei quali essa fu scritta e considerandone l’attualità dell’argomento.

Il titolo del capitoletto che vi sottopongo è

Sulle diverse manipolazioni dei vini e se siano lecite e che se ne disse alla Camera”

Tempo fa  stata nominata una commissione, con l’incarico di studiare quali manipolazioni s potessero permettere nella fabbricazione del vino. Ecco il disegno di legge che fu presenato alla Camera il 26 marzo di quest’anno e discusso il 31 (ci mettevano solo 5 giorni, da non credere).

Disegno di legge del Ministero

Art. 1: È adulterazione o sofisticazione l’aggiunta ai vini di qualsiasi materia che non sia identica a quele che naturalmente vi sono contenute. Anche le sostanze identiche a quelle naturali dei vini, si considerano adulterazioni o sofisticazioni, quando sieno aggiunte in quantità eccedente, dentro certi limiti, le proporzioni che usualmente si trovano nei vini. il vino così adulterato o sofisticato è considerato quale vino artifiziato”

Art. 2: I vini artifiziati non possono mettersi in commercio se non accompaganti da una dichiarazione, che indichi esplicitamente e con ogni chiarezza la natura della merce. la macanza di tale dichiarazione fa presumere che il vino sia genuino.

Art. 3: Con reale decreto, su proposta del Ministero dell’Agricoltura,, Industria e Commercio, (il Reale Decreto, il Ministero dell’Agricoltura, sembra di essere in un’operetta…), saranno stabilite agli effetti della presente legge le sostanze il cui uso è vietato nella manifatturazione dei vini, ed i limiti di quantità entro cu certe sostanze possono essere tollerate nei vini stessi”.

Art. 4: Le infrazione agli articoli 2 e 3 della presente sono puniti con multa di lire 51 estensibili a Lire 500 ed il vino adulterato o sofisticato è confiscato, salvo le pene maggiori contro coloro che si rendessero anche colpevoli di reati previsti dal Codice Penale”

Art. 5: Se un venditore rifiutasse di vendere il vino alle autorità, o ad un privato cittadino che dichiarasse volerne fare acquisto per fare l’analisi, o non volesse fornirne le quantità necessarie per le analisi stesse, può essere punito con una multa estensibile a Lire 100″.

Come ognuno vede questo disegno di legge è giustissimo e nessuno avrebbe potuto dubitare della sua approvazione, salva tutt’alpiù qualche lieve modificazione.

Purtroppo invece non è stato così. Sorse più di un difensore dei vini misturati e fra questi mi si permetta ricordare l’Onorevole Romeo, il quale dopo lunghe argomentazioni intese a dimostrare che questa legge incaglierebbe il commercio vinicolo, ecco come chiudeva il suo discorso: “Voi sapete come nel campo della scienza astratta, teoretica, e nel campo pratico ancora non si sia deciso nemmeno se quelle sostanze che generalmente sono credute dannose per la manifatturazione dei vini, di fatto lo siano. Avete l’esempio della fuxina, avete l’esempio del rosso d’anilina: ebbene il Consiglio superiore di Sanità nostra ritiene che la fuxina non sia una sostanza dannosa, sempre ed in tutte le proporzioni. E voi direte che uno dei principali motivi che si è posto innanzi (non se ne è potuto precisare altro) per giustificare l’assoluta necessità di questo disegno di legge è appunto il bisogno di impedire l’uso della fuxina e del rosso d’anilina. Io non vi dico che queste sostanze si possono mescolare impunemente nel vino, quantunque credache, in certe proporzioni e purificate completamente, possno essere innocue, ma dico soltanto che il disegno di legge è in contrapposizione alla scienza.”

Ora per chiarirsi, se la fuxina (che è come potete bene immaginare di color fucsia) è nota prevalentemente a chimici, biologi e analisti in quanto usata come colorante dei preparati istologici in laboratorio, l’anilina è la prima sostanza riconosciuta come cancerogena nella storia (nel 1895 già si sapeva) e probabilmente molti la ricordano in quanto è il colorante che Giannino Stoppani, in arte Gianburrasca, e i suoi “congiurati” già consci della pericolosità del colorante, aggiungono alla lavatura dei piatti per smascherare la scarsa genuinità del minestrone preparato nel collegio e ottenere l’agognata pappa col pomodoro. “– Ragazzi! nessuno mangi questa minestra rossa… Essa è avvelenata! – A queste parole i collegiali lasciano cadere il cucchiaio sulla tavola e rissano gli occhi in faccia a Barozzo esprimendo il massimo stupore. La direttrice, il cui volto è diventato anche più rosso della minestra, accorre e afferrato il Barozzo per un braccio gli grida con la sua voce stridula: – Che dici? – Dico – ripiglia il Barozzo – che non sono le barbe che tingono di rosso la minestra ma è l’anilina che ci ho messo io! -“

E infatti il nostro Giacomo Ugo Spinola non se le beve le parole dell’Onorevole Romeo dalle quali emerge che l’applicazione del principio di precauzione sia ancora fantascienza e prosegue:

Capite a che punto siamo giunti? Si difendno puranco la fuxina e l’anilina, perchè ben depurate e in certe circostanze e dosi forse non faranno male. sarebbe lungo citare quanto egregiamente dissero gli onorevoli Toaldi e Torigiani in quel giorno per ribattere queste massime, ma purtroppo inutilmente, giacchè la legge in luogo d’esser votata, fu rimessa allo studio della commissione. Vedete dunque che non a torto nella prima edizione di questo libretto io scrivevo “Intesi dire da taluno che ogni manipolazione dovrebbe essere permessa quando il prodotto non riesca dannoso per la salute e vi è da temere che questa idea possa farsi strada col pretesto di non porre inciampi all’industria del vino.” Del resto chiunque abbia appena qualche cognizione di chimica, sa che può fabbricare un liquido, che analizzato (analizzato nel 1886, attenti, adesso non vale) mostri avere le stesse sostanze, e nelle proporzioni medesime, che si trovano nel vino fatto col mosto,  sugo dell’uva, di cui è chimicamente impossibile di riconoscere con certezza la falsificazione (siamo nel 1886, ricordatelo bene uomini e donne del 2019, che non vi vengano strane idee perchè oggi questo non è più vero).

Dall’altro lato, il vino artificiale, anche quando all’analisi risulti affatto simile al naturale , ha sull’organismo animale degli effetti diversi da quelli del vino naturale, in causa della presenza di alcune sostanze, che nella maggior parte dei casi sfuggono all’analisi. È per questo che noi riteniamo che qualsiasi manipolazione che serva alla fabbricazione o totale o parziale del vino, deve ritenersi non solo come una frode dal punto di vista del Codice Penale, ma come un proprio e vero attentato alla Pubblica Igiene. Il permesso di fabbricare in tutto o in parte artificialmente il vino, aprirebbe un campo larghissimo ad ogni specie di frodi, che avrebbero gravissime conseguenze per l’idustria vinicla. I nostri vini verrebbero inesorabilmente esclusi dal commercio degli altri paesi, perchè le leggi che dappertutto tutelano il commercio del vino sno severissime. 

La legge tedesca dice per esempio: “si può vendere come vino una bevanda che sia il prodotto della fermentazione alcoolica del mosto-uva senza alcuna aggiunta. La preparazione del vino secondo i metodi di Lehaptal, di Petiot ecc., non è permessa che sotto la condizione che il vino così ottenuto sia venduto come vino preparato con quei metodi” La stessa legge ritiene falsificati i vini, ai quali sono aaggiunte sostanze coloranti, quando anche innocue, i vini gessati, quelli ai quali è stato aggiunto allume ….(pratiche come l’aggiunta dell’enocianina, o la gessatura erano buone pratiche che il Marchese Spinola descriveva come buone pratiche enologiche non come artefazioni del vino).

La legge Francese e la Svizzera non sono meno severe. Ecco perchè anche fatta astrazione dalla questione igienica, noi crederemmo estremamente pericolosa all’industria nazionale l’autorizzazione, che si volesse dare alla manipolazione dei vini, colla sola restrizione che siano innocue. parmi necessario che all’estero si sappia non solo che queste manipolazioni non sono in uso nel nostro paese, ma che il Governo le vieta ed il Codice penale art. 416 le punisce. a questo proposito leggo sulla Settimana 4 gennaio 1886 queste assennate parole “Non v’è che dire, anche in Italia a nostra somma vergogna comincia a infltrarsi il mal seme della sofisticazione. Anche nella terra di Bacco tenta le sue gherminelle lo scaltro Mercurio, anche qui da noi s’installano gli acciarpatori coi loro segreti fatti apposta per smungere le tasche dei gonzi. Viticoltori, enologi, cantinieri all’erta! Non vi lasciate prendere all’esca, ridete in viso a questa gente, e dite loro che rimontino le alpi donde sono scesi, poichè nella vecchia Enotria anche gli sterpi danno vini, che senza bisogno di pastrocchi, possano farci onoere in qualsivoglia paese!”

Speriamo che in breve la legge sarà ripresentata alla Camera ed approvata a pieni voti. Gli enologi onesti d’Italia ne saranno soddisfatti.”

Adesso torniamo a noi, uomini e donne del 2019.

e stiamo bene attenti: quando parla di vino artificiale, di manipolazioni e di sofisticazioni il Marchese Spinola fa riferimento non a qualsivoglia utilizzo di coadiuvanti perchè delle tecniche di chiarifica e correzione ne parla estesamente anche negli altri capitoli dell’opuscolo. L’uso che fa di questi termini è estremamente moderno e riguarda vini ottenuti al di fuori di norme di sicurezza alimentare e di garanzia di qualità che egli ritiene già da allora necessarie.

Norme che poi in effetti abbiamo atteso a lungo (la prima legge quadro italiana è del 1965 e il primo Regolamento Europeo del 1979) ma sulle cui definizioni il pubblico ancora non ha le idee molto chiare (ne ho parlato anche su Vinix qui https://www.vinix.com/myDocDetail.php?ID=9136).

Perchè i buoni vini di una volta…non erano sempre così sicuri, sani, genuini e buoni e le famigerate “polverine” per fare il vino vengono ahimè proprio da quel passato.

Oggi per il vino come per tutti gli altri alimenti esiste una legislazione che norma l’uso di ingredienti, additivi e coadiuvanti ammessi per uso enologico e che definisce il vino come il prodotto della fermentazione di uve di Vitis vinifera europea, ottenuto con le pratiche enologiche consentite.

I prodotti ammessi sono elencati in un elenco positivo e hanno diverse funzioni.

In nessun caso i prodotti enologici devono servire per colorare o trasformare un vino in un altro vino o l’acqua in vino o un sottoprodotto (le vinace, le fecce, gli estratti) in vino ecc… cosa che ai tempi del Marchese accadeva invece eccome (come dimenticare la “Polvere Enantica, composta con acini d’uva ed erbe fragranti per preparare con tutta facilità un buon vino rosso di famiglia, economico e garantito igienico.”?)

 

 

 

 

OGM …OMG (Oh My God)!

OMG, oh my God, retro style woman

Lo devo fare, da un paio di anni continuo ad accumulare materiale sulla questione OGM, sulla loro comunicazione e sul dibattito in corso, intanto gli eventi si accavallano, le discussioni riprendono e io continuo ad accumulare aspettando il momento giusto per parlarne. Lo so, il momento giusto era un paio di mesi fa e non riuscirò nemmeno ad usare tutto il materiale che ho raccolto. E c’è anche un sacco di gente che ne ha parlato prima di me (ma più siamo meglio è no?). E non riuscirò nemmeno ad essere dettagliata nelle risposte a tante domande come si converrebbe ad un Blog di divulgazione scientifica. Ma da qualche parte dovrò pur cominciare no?

Tempo fa un’amica postò su Facebook la foto di un bel tipo con scritto OMG. “Se significa Organismo Modificato Geneticamente, non so come fosse prima ma hanno fatto delle ottime modifiche”, commentai.

Le biotecnologie ovviamente in quel caso non c’entravano (magari la chirurgia estetica sì) ma il gioco di parole funzionava, perchè in realtà sebbene nessuno ne parli e gli argomenti continuino da anni ad essere sempre gli stessi, nel campo degli OGM esistono delle ottime modifiche.

Negli ultimi trent’anni (Nature ha dedicato uno speciale ai 30 anni di ricerca nel campo delle piante transgeniche) sono state ottenute piante con caratteristiche molto interessanti: con rese maggiori, con geni di resistenza ad ambienti ostili e a patogeni in grado di ridurre la necessità di fertilizzanti chimici e pesticidi (insetticidi, antifungini e antibiotici). Piante in grado di migliorare le condizioni di coltivazione anche nei paesi più poveri, di aiutare a risolvere una crisi alimentare che con la crescita demografica si sta presentando sempre più impellente, e di ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura sul nostro pianeta.

Alcuni esempi li trovate qui:

 http://www.nature.com/news/specials/gmcrops/index.html

http://www.almanacco.cnr.it/reader/ArchivioTematico_tema.html?MIval=cw_usr_view_articolo.html&id_articolo=3712&id_rub=32&giornale=3663

http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=1044

Cosa succede

Il problema è che periodicamente il dibattito si ripropone ma gli argomenti sono sempre gli stessi. La questione Ogm è entrata in un loop dalla quale ormai fatica ad uscire. Non sono ottimista, in questi ultimi anni ho seguito la questione OGM come caso di comunicazione di una controversia scientifica e ho quasi concluso che la battaglia, non per coltivare OGM, ma per far valere le ragioni della scienza o anche solo per stabilire un dibattito paritario e dare ai cittadini gli strumenti per inserirsi nella discussione, sia persa.

Troppi errori sono stati fatti nel passato e continuano ad essere fatti nel presente e tutti hanno sbagliato qualcosa. Hanno sbagliato gli scienziati che non sono scesi in campo a presentare il loro lavoro alle prime avvisaglie di una controversia squilibrata che metteva irrimediabilmente la scienza dalla parte del Male, ma anche a pensare che basti spiegare al pubblico che cosa sono gli OGM per ricevere la sua approvazione incondizionata. Hanno sbagliato le imprese che hanno investito nelle nuove tecnologie senza pensare di doversi spiegare con altri attori e hanno dato adito a sospetti (magari anche fondati) di voler nascondere qualcosa. Hanno sbagliato i comunicatori che si sono fermati ad ascoltare solo una voce (quella più forte dal punto di vista comunicativo e politico) senza approfondire e senza capire. Hanno sbagliato i decisori che si sono rivolti e si rivolgono agli attori sbagliati e mai agli scienziati. Hanno sbagliato tutti quelli che hanno scambiato l’introduzione di una nuova tecnologia di miglioramento genetico delle piante con una questione di etica di mercato. E hanno sbagliato tutti quelli (tra i quali anche i decisori) che hanno pensato che tutti i detrattori degli OGM (le organizzazioni agricole, la GDO, le ONG) fossero mossi solo dall’interesse del bene dei consumatori e non da interessi di parte e non è così.

Perchè gli OGM sono diventati per l’opinione pubblica e per i suoi detrattori il simbolo del male? Il problema è che ad un certo punto il prodotto si è fuso ed identificato con il produttore (deve esistere una figura retorica per questo ma mi sfugge) anzi in un produttore, Monsanto, una delle bestie nere del movimento No Global. E così la lotta agli Ogm si è trasformata in una lotta alla globalizzazione tout court e poco importa cosa siano le piante transgeniche dal punto di vista scientifico o tecnico. Senza contare che Monsanto non è l’unica industria che produce e commercializza sementi OGM e nemmeno che la contestata politica di commercializzazione delle sementi, delle Royalies e dell’impossibilità di usare sementi autoprodotte, non si limita agli OGM ma si estende a tutte le sementi ibride e certificate utilizzate in agricoltura da decenni in tutto il mondo.

È come se volessi attaccare Mc Donald vietando il consumo di patatine fritte o intraprendessi una crociata contro Bayer bandendo il consumo di Aspirina.

E la politica? Lasciamo perdere..

Quando si parla di interventi legislativi per limitare l’uso di una nuova tecnologia alimentare è necessario che vi sia un riferimento ad un rischio, per la salute del consumatore o per l’ambiente. Su questi aspetti i decisori sono chiamati giustamente ad intervenire. Ragione per cui quando si tratta di gestione del rischio alimentare o ambientale ad avere voce in capitolo sono gli organismi che decidono sulla salute e sull’ambiente, in Italia il Ministero della Salute e quello dell’Ambiente. Tra l’altro su rischio alimentare e ambientale, ha un forte potere decisionale la Comunità Europea per cui in genere gli stati membri si limitano a recepire. Il Ministero delle Risorse Agricole e Forestali deve tutelare le politiche a favore del settore agricolo, i mercati, la valorizzazione della qualità ma di fronte ad un rischio alimentare (se c’è) non dovrebbe potere niente. Se cioè il Ministero della Salute, accertato un rischio richiedesse il ritiro di un prodotto e quello dell’Agricoltura si opponesse perchè tale intervento danneggia gli agricoltori saremmo tutti d’accordo a gridare al conflitto d’interesse. Non si può invece, in ambito di CE, limitare l’introduzione di una produzione per proteggere il mercato esistente o quello interno. Questo si chiama protezionismo.

Ora torniamo agli OGM.

Nell’ultima puntata della fiction “OGM (Oh My God)” il Ministro delle risorse agricole e forestali Nunzia De Girolamo ha firmato un Decreto insieme al Ministro della Salute Lorenzin e al Ministro dell’Ambiente Orlando. I motivi della sua contrarietà agli OGM li trovate in questo intervento al Congresso Coldiretti dove spiega chiaramente (“senza se e senza ma”) il suo NO alla coltivazione degli OGM perchè influenzata dagli interessi degli agricoltori e dei mercati. Dice (trascrivo):

“A me non mi condizioneranno né le multinazionali, né qualche giornalista condizionato dalle stesse (ha in mente qualcuno? ndr) “C’è una sola categoria che mi potrà condizionare nelle mie scelte, voi l’Italia dell’Agricoltura. Perchè è con voi che io mi dovrò confrontare, ed ogni volta che ho ascoltato la vostra voce ho sentito no, ogni volta che guardo al mercato, che è l’altra categoria che mi influenza sento tanti no ”,

al che c’è anche da chiedersi se abbia mai pensato di farsi non tanto influenzare o condizionare quanto piuttosto anche solo informare da qualche scienziato indipendente visto che alla vigilia del voto sul Decreto del 12 luglio il Gruppo di scienziati di Dibattito Scienza ha lanciato un appello a lei come a tutti i parlamentari.

Se poi andate avanti ad ascoltare l’intervento del Ministro trovate che il suo timore è legato alla tutela del Made in Italy e della qualità dell’agroalimentare italiano (di questo ne parleremo più avanti) e solo parlando di questi aspetti continua (trascrivo ancora):

“Il mio sogno è di essere ricordata come il ministro del Made in Italy. E vi lancio una sfida, a voi, a chi ci ascolta, ad Andrea e Beatrice” (Orlando e Lorenzin, si chiamano per nome i nostri ministri perchè da quando sono andati in ritiro si vogliono tutti tanto bene ndr) con i quali vorrei sottoscrivere questo Decreto, perchè è insieme che dobbiamo fare la battaglia”…

Ma in realtà i due ministri citati non dovrebbero avere a cuore la questione OGM allo scopo di difendere il modello economico italiano! Se c’è un motivo dovrà essere relativo alla sicurezza alimentare no? Eppure lei (la Nunzia) non ne parla affatto. Il motivo per cui gli OGM non sarebbero adatti all’agricoltura italiana non ha niente a che fare con la salute dei consumatori o con un eventuale danno ambientale. I motivi sono altri e hanno l’obiettivo di tutelare il mercato agricolo italiano e l’agroalimentare di qualità nei confronti di qualcosa di nuovo. I motivi sono del tutto protezionistici. E non solo per questo sono sbagliati.

I piccoli grandi equivoci (che fanno comodo a molti)

La politica della qualità e il Made in Italy

C’è una sola frase tra i cinque punti di Carlo Petrini che spiegano la sua contrarietà agli OGM pubblicati su Repubblica alla vigilia della manifestazione anti OGM del 20 giugno scorso sulla quale sono fondamentalmente d’accordo: “L’Italia basa una parte importante della sua economia sull’agroalimentare di qualità.”

Giustissimo, ma perchè un’agricoltura nella quale ci siano anche (non solo ovviamente, questo lo potrebbe sostenere solo un pazzo) piante geneticamente modificate non deve essere considerata di qualità? Perchè una tecnica di miglioramento genetico in grado di introdurre nelle piante caratteri di resistenza alle malattie (che arricchiscono i prodotti in fitotossine e richiedono l”uso di fitofarmaci in campo), o ne migliori le proprietà nutrizionali o la resistenza ad alcuni fattori ambientali (come la siccità per esempio richiedendo un uso minore di risorse idriche) non deve essere considerata di qualità? Non c’è nessun motivo per cui un prodotto OGM per esempio debba essere meno saporito di uno diciamo “normale”.

Se oggi l’Italia eccelle nella produzione agroalimentare è perchè nei decenni passati la ricerca italiana di miglioramento genetico delle piante coltivate è stata all’avanguardia. O forse qualcuno vuol fare credere che il pomodoro Sammarzano o le varietà di grano duro dalle quali si ottiene la pasta siano varietà spontanee?

Un altro dubbio: siamo sempre sicuri che le produzioni italiane siano le migliori a prescindere? L’equivalenza Italiano = qualità così come quella Cinese = porcheria non è mica un dogma, deve essere sempre verificabile o non è sostenibile.

Faccio un esempio.

Nei paesi mediterranei negli ultimi anni il mais è spesso soggetto all’insorgenza di funghi (Aspergillus) che sviluppandosi determinano la comparsa delle aflatossine, cancerogene che sopra certi livelli rendono il mais inadatto all’alimentazione umana e animale. Gli attacchi della piralide, un insetto parassita, insieme ad altri fattori, favoriscono lo sviluppo di Aspergillus. Il mais in Italia viene principalmente destinato all’alimentazione delle bovine da latte, dalle quali si ottiene anche la materia prima per alcuni prodotti di eccellenza, come i famosi formaggi del Made in Italy. Nel 2012 una percentuale molto elevata di mais ha superato i livelli consentiti di aflatossine e sembra che anche quest’anno le cose non andranno meglio.

Il Mais Bt è resistente alla piralide e quindi più difficilmente viene attaccato da Aspergillus ecc ecc. Ma in Italia non si può coltivare (secondo il nostro Governo a differenza di quanto già stabilito a livello europeo in più gradi, cosa che tanto per cambiare ci varrà un infrazione). Ma si sa, l’agricoltura italiana è un’agricoltura di qualità e gli OGM non farebbero che danneggiarla.

La biodiversità

Mi dispiace deludere chi pensa all’agricoltore come depositario di un tesoro di biodiversità, ma l’agricoltura moderna signori è tutt’altro che una condizione naturale.

La maggior parte delle piante erbacee vengono coltivate a partire da semente certificata che ogni anno viene acquistata dall’industria sementiera che ne garantisce la qualità (cioè l’assenza di sementi estranee come quelle delle infestanti o di parassiti come anche l’omogeneità varietale. Per alcune piante (come il mais ad esempio) l’uso degli ibridi non permette di riutilizzare vantaggiosamente le sementi delle generazioni successive alla prima (è possibile ma le caratteristiche di produttività dell’ibrido si vanno via via riducendo di generazione in generazione).

Nelle piante arboree la situazione è addirittura più estrema perchè queste vengono moltiplicate per via agamica. Questo significa che le viti (o i peschi) non si seminano ma si propagano per talea, per cui tutte le piante ottenute da una pianta madre sono identiche alla prima e cioè sono cloni. E in alcune piante come la vite la tecnica di selezione clonale ha fatto in modo che i selezionatori individuassero le piante migliori (per alcune caratteristiche qualitative o agronomiche) e ne facessero dei cloni, sempre assolutamente uguali, propagati e venduti dai vivaisti come materiale certificato.

Sì è vero, questo provoca un assottigliamento enorme della variabilità genetica delle specie coltivate che espone anche le coltivazioni a dei rischi non indifferenti (che cosa succede se arriva un parassita sconosciuto e i cloni più diffusi non sono in grado di resistergli? O se i parametri della qualità cambiano e nessuno dei cloni diffusi li possiede?).

La conservazione della variabilità genetica delle piante coltivate è fondamentale e spesso sono gli istituti di ricerca, all’interno di collezioni chiamate banche del germoplasma, a dover fare da scrigno per tutto quello che non viene più coltivato ma che potrebbe (ma anche no) un giorno essere utile.

Il fatto è che sto divagando perchè in questo sistema (che potete pure definire aberrante, non mi scandalizzo, anch’io credo che ci sia qualcosa di sbagliato) gli OGM non c’entrano affatto. Perchè questo è lo stato della biodiversità presente nell’agricoltura attuale, anche in quella italiana di qualità. In quanti lo sanno?

L’interesse di pochi (l’accusa di monopolismo fatta da chi sta sotto la lente di ingrandimento dell’Antitrust)

Forse il timore è che approvando gli Ogm tutti in Italia si mettano a coltivare Mais Bt o Soia Roundup Ready. Il problema quindi sta nel rischio di concentrazione: gli OGM li fanno solo le multinazionali che lavorano per i loro sporchi interessi. Una cosa è vera, le Multinazionali investono in ricerca sulle colture (Mais e Soia) dalle quali si aspettano un grande ritorno a livello mondiale, difficilmente investiranno nel miglioramento genetico della lenticchia (per dirne una). E allora? Non sarebbe più saggio permettere alla ricerca pubblica di fare il resto nell’interesse delle colture e delle varietà più care al Made in Italy piuttosto che vietare l’ingresso della Soia Roundup Ready o del Mais Bt che magari non interesseranno a nessuno in Italia? Perchè non erano mica coltivazioni di Mais le piante sperimentali del professor Rugini dell’Università della Tuscia che nel 2012 sono state distrutte per Decreto, erano olivi e ciliegi migliorati, i cui risultati (che tutti avevamo pagato) non conosceremo mai.

Su un Dossier Biotecnologie sul rischio OGM di qualche anno fa leggo:

Sono in molti ad intravvedere nelle produzioni dell’ingegneria genetica la possibilità da parte di un potente settore industriale di ribadire una supremazia a discapito di settori economici primari come l’agricoltura e la produzione alimentare. Poiché infatti i cloni e i transgeni possono essere prodotti soltanto da strutture ad elevata capacità tecnico-scientifica, è molto facile che essi cadano in mano a pochi gruppi che inevitabilmente attueranno una politica di utilizzazione dei loro prodotti per esigenze economiche e commerciali, in modo assoluto.”

L’autore di questo documento è Coop che a quanto parrebbe da quanto scritto non attua alcuna politica per esigenze economiche e commerciali (e quale allora? No mi risulta che sia un’organizzazione No Profit). Peccato che a scagliarsi contro il rischio di monopolismo sia un rappresentante della GDO e che questa sia stata messa recentemente sotto stretta sorveglianza dall’Antitrust per il preoccupante e crescente potere delle centrali d’acquisto.

Questo solo per dire che chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Il danno di tanta disinformazione

Mettere da una parte i buoni e dall’altra i cattivi non mi è mai piaciuto ma in Italia sembra che per aiutare il pubblico a farsi un’opinione sia il sistema migliore. E’ facilmente manipolabile, si può gestire a livello politico, aiuta a fare demagogia e crea degli eroi positivi e dei demoni da attaccare, e poi tutti hanno giocato a indiani e cowboy, cosa c’è di meglio? Se poi i cattivi sono multinazionali e sono anche americani la battaglia sembra già vinta in partenza (meglio che sparare sulla Croce Rossa). Dall’altra parte ci mettiamo delle ONG con un potere mediatico spaventoso (che sono buone per definizione), una Grande Distribuzione che sta dalla parte dei consumatori (ma a quanto pare soffoca i produttori), qualche guru della comunicazione e il gioco è fatto. Il pubblico si è fatto un’opinione e sarà difficile tornare indietro.

E la scienza? Ops, la scienza c’entrava qualcosa? Vabbè ormai ci siamo dimenticati di farla parlare, se vuole lo può fare ora, ci sarà un talk show adatto, ma dove la mettiamo, tra gli indiani o tra i cowboy?

Sarò pessimista ma il bicchiere io lo vedo mezzo vuoto. Questa volta la scienza ha perso e noi, l’Italia e la sua agricoltura, abbiamo perso con lei.

Se volete approfondire la questione del dibattito sugli OGM, senza voler essere esaustiva sull’argomento, vi consiglio alcuni link italiani e non che ne parlano:

L’opinione di Mark Lynas, ex ricercatore e attivista di Greenpeace che ha cambiato idea sugli OGM (e per me uno scienziato che cambia idea è da tenere in grandissima considerazione:

http://www.marklynas.org/2013/01/lecture-to-oxford-farming-conference-3-january-2013/

Qui trovate anche la trascrizione e tradotta in italiano: http://lucadifino.wordpress.com/2013/01/25/perch-ho-cambiato-idea-sugli-ogm/

Il Blog La Scienza in cucina ospitata dal sito di Le Scienze di Dario Bressanini:

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/category/ogm/

Il Salmone.org, un sito di divulgazione scientifica:

http://www.salmone.org/ogm-cosa-sono/

 Prometeus, l’house organ dell’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani, che ospita anche gli interventi di Federico Baglioni promotore dell’evento #Italy4science

30 anni di OGM

Siediti e scrivi due lettere, il blog di Daniele Oppo:

E quindi niente