Carne e OMS: il gran macello.

“Parti e tagli di carne dei bovini” di Yzmo, Giglio83 – Opera propria, derived by the immage of Yzmo and derived by the elaboration of Giglio83. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons

“La carne rossa contiene proteine di elevato valore biologico e importanti micronutrienti come la Vitamina B e lo zinco, tuttavia ecc ecc.”

Se coloro che si stanno affannando a mettere una pezza al modo allarmistico con il quale i media hanno comunicato la notizia della classificazione tra gli agenti cancerogeni e potenzialmente cancerogeni delle carni lavorate e delle carni rosse, avessero letto l’articolo pubblicato su The Lancet dagli esperti dell’OMS, queste due righe avrebbero dovuto essere quelle alle quali agganciare un ragionamento razionale, basato su valutazione del rischio ed equilibrio nutrizionale. Come ha fatto ad esempio il Cancer Research nel Regno Unito pubblicando delle infografiche molto esplicative sul rischio e sui comportamenti di consumo consigliabili).

Ma pretendiamo forse che media, istituzioni, associazioni di produttori, allevatori, opinion leader e ministri leggano The Lancet o le fonti che stanno commentando e soprattutto che comunichino ragionamenti razionali?

E infatti tra la demonizzazione delle salsicce e la difesa della cucina e de noantri alla fine ne è uscito un gran macello e mai come in questo caso ci fu definizione più appropriata.

Cerchiamo di fare ordine.

I fatti

Il primo atto è del 26 ottobre e la protagonista è la IARC, Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro che per l’OMS classifica le cause dei tumori nella specie umana. A questo giro gli esperti, 22 provenienti da 10 paesi, si sono ritrovati a Lione per parlare di carne.

E non si sono basati su una nuova ricerca, come qualcuno ha scritto, ma sulla revisione di 800 pubblicazioni scientifiche tra studi clinici, indagini epidemiologiche, esperimenti su modello animale e di relazione tra causa ed effetto. E particolare attenzione nella valutazione degli studi è stata data alle popolazioni sulle quali le ricerche si sono fondate, in modo che il risultato fosse applicabile su scala globale e non fosse influenzato ad esempio da particolari interferenze di carattere genetico o di abitudini alimentari.

Alla fine sono venuti alla conclusione che per le ricerche sinora fatte e valutate:

  • Le carni lavorate, e cioè quelle trasformate con processi di salatura, stagionatura, fermentazione o affumicatura o altri processi che ne esaltino il sapore o migliorino la conservazione, sono classificate come cancerogene per l’uomo (classe 1), esistendo evidenze sufficienti per affermare che il consumo di questi prodotti causa il cancro del colon retto.
  • Le carni rosse, cioè tutti i tipi di muscolo di mammiferi come i bovini, gli ovini, i suini, i caprini e i cavalli, sono classificate come probabilmente cancerogene (classe 2a) esistendo alcune incertezze nella concordanza tra gli studi di popolazione e gli studi sulle relazioni causa-effetto (i cosiddetti studi meccanicistici).

 In realtà una sostanza o è cancerogena o non lo è, quindi non vuol dire che la carne rossa è un po’ meno cancerogena ma solo che non se ne ha uguale certezza in base alle conoscenze attuali.

Nelle carni lavorate gli agenti chimici cangerogeni sono composti azotati, detti NOC (N Nitroso Compounds) e idrocarburi policiclici aromatici (PAH). La cottura delle carni (in modo particolare la frittura la grigliatura e il BBQ) porta poi alla formazione di altri composti sospettati di cancerogenicità come ancora i PAH e le ammine aromatiche eterocicliche (HAA). Uno studio recente pubblicato nel dicembre 2014 su PNAS dai ricercatori della University of California San Diego School of Medicine individuerebbe poi in uno zucchero, denominato Neu5Gc, il responsabile dei tumori derivanti dal consumo di alcune carni rosse.

La sintesi della monografia della IARC aggiunge una stima del rischio dicendo che ogni porzione da 50 grammi di carni lavorate consumate ogni giorno aumenta il rischio di tumore al colon del 18% e il consumo di 100 g di carne rossa consumata con la stessa frequenza lo aumenta del 17%.

Questo non vuol dire che tra tutti quelli che mangiano un panino con il salame al giorno il 18% si ammalerà, sarebbe una cosa terrificante! Vuol dire che sulla percentuale di rischio di ammalarsi di quel tipo di tumore che in Italia è dello 0,103% (dati AIRTUM di tasso standardizzato per età), il rischio sale del 18% calcolato su quello 0,103: chi mangia tanto salame ha il 18% di probabilità in più di chi non lo mangia di stare in quegli sfortunati 103 che su 100.000 che si ammaleranno.

Su scala individuale quindi il rischio è ridotto ed è sufficiente consumare poca carne per ridurlo. Su scala sociale la segnalazione dell’OMS è fondamentale data la diffusione del consumo di carne,  che in alcune società è molto elevato.

 Il messaggio è quello di intervenire a livello di istituzioni che si occupano di salute pubblica per sollecitare e raccomandare un consumo limitato di insaccati e carni rosse, che porti con una corretta valutazione di rischi e benefici ad adottare una dieta giustamente equilibrata.

L’allarme

Ma gli inviti alla moderazione non fanno notizia. E così già il 26 i titoli dei giornali impazzavano con il terrorismo alimentare come l’ANSA che titolava:

“OMS: le carni lavorate sono cancerogene. “Da inserire fra sostanze più pericolose come fumo e benzene”.

La misura che si stesse superando la linea del procurato allarme si è avuta con il comunicato del Codacons nel quale il presidente dichiarava:

“Le risultanze dell’Oms non lasciano spazio a dubbi, ed individuano le carni lavorate tra le sostanze cancerogene al pari di fumo e benzene – spiega il Presidente Carlo Rienzi – Il principio di precauzione impone in questi casi l’adozione di misure anche drastiche,  considerando la salute umana prioritaria a qualsiasi altro interesse. Per tale motivo chiediamo al Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, di valutare i provvedimenti da adottare a tutela della popolazione,  compresa la sospensione della vendita per quei prodotti che l’Oms certifica come cancerogeni”.

 Ora nella lista delle sostanze cancerogene della classe 1 c’è il fumo, e le sigarette non sono state sospese dalla vendita, ma ci sono anche l’inquinamento atmosferico e il benzene e tutti andiamo ogni giorno in macchina e poi ci sono le radiazioni solari e la crema a protezione 100 non è ancora diventata obbligatoria per legge, ci sono gli estrogeni delle pillole contraccettive e poi, udite udite, c’è l’etanolo presente nelle bevande alcoliche e per quanto mi risulti queste si possono ancora consumare. Quindi la richiesta avanzata dal Codacons di tutelare la nostra salute limitando la nostra libertà e di trattare un comportamento già in atto alla stregua di una pandemia non risultava troppo plausibile.

Una cosa però il Codacons non aveva sbagliato ed era il destinatario: se c’era e c’è qualcuno che in tutto questo bailamme deve e può pronunciarsi questo è il Ministro della Salute.

Certo c’è anche chi ha trattato la notizia con maggiore equilibrio e già a partire dal giorno dopo le cose cominciavano a rimettersi a posto, grazie anche alle dichiarazioni di Oleg Chestnov, esperto dell’OMS che trovandosi a Expo proprio ieri ha fatto un po’ di chiarezza spiegando che non tutto è bianco o nero e che “Sappiamo che alcuni alimenti, a causa del modo in cui vengono preparati e lavorati, possono portare a problemi di salute se magari assunti in misura eccessiva. Questi prodotti non vanno però eliminati dalla dieta, ma limitati”.

Se la difesa di carne e salumi si fosse fermata qui, nella promozione di un maggiore equilibrio nella dieta che, anche a seconda delle abitudini alimentari, rischia di esporre le persone a problemi di salute anche gravi, probabilmente significava che qualche passo avanti nella comunicazione del rischio era stato fatto da quando, in occasione dell’allarme della mucca pazza, il Ministro dell’Agricoltura britannico mostrò al mondo la figlioletta che addentava un hamburger per tranquillizzare i cittadini ed evitare il crollo dei consumi.

Illusione.

La difesa a testa bassa

Poteva forse chi difende gli interessi delle categorie di produttori mantenere un profilo basso ed equilibrato? Del resto stavamo parlando di una monografia dell’OMS non di uno studio del dottor Berrino, partire a spada tratta a difendere le nostre produzioni di carne e salumi era così necessario? Perché questo è stato fatto: gli argomenti di Coldiretti e anche ahimè del Ministro Martina sono stati che, ok l’OMS ha dichiarato quello che ha dichiarato ma che questo non riguarda i prodotti italiani che sono migliori e più sani. E perché ci sarebbe da chiedersi? Che diamine perché fanno parte del Made in Italy, perché non ci sono additivi, perché si usa solo la salatura, perché i nostri animali sono diversi e sono allevati in modo migliore.

Addirittura Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti avanza un’accusa nei confronti dell’OMS:

“I falsi allarmi lanciati sulla carne mettono a rischio 180mila posti di lavoro in un settore chiave del Made in Italy a tavola, che vale da solo 32 miliardi di euro, un quinto dell’intero agroalimentare tricolore”.

I falsi allarmi? Perché falsi?

Così spiega l’articolo su Il Punto Coldiretti

“A denunciarlo è il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando che lo studio dell’Oms sul consumo della carne rossa sta creando una campagna allarmistica immotivata per quanto riguarda il nostro Paese, soprattutto se si considera che la qualità della carne italiana, dalla stalla allo scaffale, è diversa e migliore e che i cibi sotto accusa come hot dog e bacon non fanno parte della tradizione nostrana.”

Diversa e migliore perché? Solo perché è italiana? E perché citare solo hot dog e bacon, quando il comunicato OMS cita tra gli esempi (ma solo per dare degli esempi ampiamente conosciuti) anche il prosciutto, le salsicce o la carne secca che invece in Italia si producono e si consumano?

In un primo comunicato poi modificato (qualcuno lo ha riportato) si scriveva anche che

“gli animali allevati in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri paesi”.

Forse parlando sempre di viti e vino mi sono persa qualcosa e non mi sono accorta degli allevamenti di struzzi e capibara? Giusto il tempo che mi ha richiesto andare a verificare la consistenza degli allevamenti italiani sul Censimento dell’Agricoltura ISTAT 2010 per trovare gli stessi ovini, bovini, equidi, caprini e suini citati dalla OMS che il comunicato era stato modificato.
Su quello che resta si legge ancora:

“Le carni Made in Italy sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni, a differenza di quelle americane, e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione “Doc” che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali. E per gli stessi salumi si segue una prassi di lavorazione di tipo ‘naturale’ a base di sale. Non a caso il nostro Paese vanta il primato a livello europeo per numero di prodotti a base di carne “Doc”, ben 40 specialità di salumi che hanno ottenuto la denominazione d’origine o l’indicazione geografica.”

La monografia della IARC che ha portato alla classificazione di carni lavorate e carni rosse si riferisce al muscolo e a composti causa di cancerogenicità sospetta o accertata che derivano dalla cottura o dai processi di salatura, stagionatura e affumicatura. Sì proprio salatura, quella lavorazione tutta “naturale” di cui si parla nel difendere il Made in Italy. Tra l’altro rifletterei anche sul perché l’affumicatura debba essere considerata meno naturale e che anche i prodotti affumicati non ci mancano.

I conservanti poi non c’entrano niente. Se sotto accusa ci fosse stato un conservante nella lista ci sarebbe finito lui, come è già successo in altri casi. Qui si parla della carne è inutile girarci intorno.

E nemmeno l’alimentazione o il benessere animale c’entrano niente a meno che non ci siano dei lavori scientifici che dimostrino che nelle carni ottenute da allevamenti intensivi vi sono più sostanze dannose. Tra l’altro siamo sicuri che i nostri allevamenti e l’alimentazione dei nostri animali siano proprio i migliori del mondo? O forse a fare certe affermazioni tentando di trasformare un’allarme di salute pubblica a lvello mondiale in un atto di protezionismo si rischia di fare un autogol clamoroso?

A peggiorare le cose ci si sono messi anche, durante la trasmissione di Ballarò di martedì 27 ottobre dedicata ad Expo, Oscar Farinetti (essendo un venditore di carne non dovrebbe stupire il fatto che difenda i suoi prodotti, quanto piuttosto che debba essere chiamato a parlare della salute degli italiani) e Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole che ha minimizzato l’allarme (e va bene) sottolineando che quanto riportato dall’OMS è vero ma non ci riguarda perché noi abbiamo carne Made in Italy di altissima qualità non paragonabile con quella degli altri (e non va bene).

Ora se io Mariuccia Galimberti casalinga di Voghera mi fido e continuo a cucinare rosticciana e salamelle e a mettere in tavola ogni giorno lauti antipasti di speck, salame, culatello, prosciutto, e ad arrostire carni succulente di Chianina e Piemontese, facendo particolare attenzione alla loro provenienza per essere sicura, come mi hanno raccomandato di fare, di avere sempre carne italiana e prodotti a denominazione di origine, e poi tra 10 anni mi accorgo di essere malata di cancro che faccio? Mi rivolgo al Codacons?

Perché è vero che anche Obama ieri ha mangiato un hamburger con il bacon a bordo dell’Air Force One, ma il suo messaggio era che possiamo continuare a mangiare carne anche se con moderazione e non che possiamo continuare a mangiare carne perchè americana.

Come sempre (anche se sono notevolmente migliorata) sono arrivata ultima, per cui vi consiglio per approfondire alcune letture che fanno chiarezza anche meglio di quanto posso aver fatto io:

la già citata UK Research Cancer – http://scienceblog.cancerresearchuk.org/2015/10/26/processed-meat-and-cancer-what-you-need-to-know/

Strade on line http://stradeonline.it/scienza-e-razionalita/1481-dai-numeri-alle-molecole-cosa-c-e-nel-comunicato-dello-iarc-sulle-carni-rosse

Scienza in Cucina di Dario Bressanini http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/10/28/un-culatello-ci-uccidera-comunicare-il-rischio/